La ritenzione idrica e il conflitto del profugo
- Settembre 2, 2016
- 10:15 am
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C’era una volta, trecento milioni di anni fa, un organismo che viveva in acqua, destinato a grandi cose. Combattuto tra il desiderio di conquistare l’aria e la terra ferma, e il terrore di non riuscire a sopravvivere senza acqua, si gonfiò all’inverosimile di liquidi al suo interno per avere una chance di vita, senza disidratarsi, mentre aspettava l’arrivo della successiva marea.
Quell’antichissimo organismo, altro non era che la prima fase dell’origine dell’essere umano.
Milioni di anni di evoluzione non sono bastati per placare questo senso di smarrimento in un ambiente ostile, la perdita di riferimenti e la paura di dover lottare per la propria vita.
Trattenere i liquidi ha reso possibile la nostra sopravvivenza
Ancora oggi reagiamo, a livello viscerale, con questo antico programma speciale e sensato ogni volta che ci sentiamo persi senza più i nostri punti di riferimento, soli e abbandonati a noi stessi, in lotta per la nostra stessa esistenza.
Da qui il termine di “profugo” usato dal Dottor Hamer per spiegare l’origine della ritenzione idrica: quando l’organismo percepisce di essere in un ambiente ostile, diminuisce la funzione secretoria renale per ritenere i liquidi e avere maggiori probabilità di sopravvivenza.
Come se ci trovassimo a dovere attraversare un deserto, avendo perso ogni riferimento, non sapendo più dov’è casa, non sapendo quando mai arriveremo…la risposta per la sopravvivenza dell’organismo è l’immediato stoccaggio dei liquidi, per rallentare il più possibile la disidratazione.
È la storia dell’evoluzione, una storia fatta di istinto di sopravvivenza, di paure ancestrali, di conflitti interiori, di desiderio di andare avanti ma col terrore di perdere qualcosa, o qualcuno.
Trattenere i liquidi, senza disidratarci, nel caso un’onda ci avesse spinto fino a riva, ha reso possibile la nostra sopravvivenza; ecco perché, ancora oggi, reagiamo attivando questo programma biologicamente sensato, quando viviamo situazioni nelle quali:
– ci sentiamo come “pesci fuor d’acqua”
– quando perdiamo ogni punto di riferimento
– quando ci sentiamo catapultati in una situazione diversa, in un “territorio” che non è più il nostro
Un vero e proprio programma biologico vitale, il quale è stato capace, nella nostra storia evolutiva, di garantirci maggiori chance di sopravvivenza.